"FORAGING IN LIBERTA'"
di Luca Marani
Incontrai Luca per la prima volta alla stazione
di Modena nel luglio del 2018 (era ancora sprovvisto di patente) e
per l'occasione gli consegnai un paio di coppie di Forpus xanthops. Mi colpirono la sua
giovanissima età (è nato nel 2000) e la sua grande passione per l'ornitofilia,
si capiva da lontano un miglio che era un ragazzo dotato di
"sbuzzo", dal dialetto romagnolo "sbòz", talento. Qualche mese più tardi approfittai dell'occasione di dovergli consegnare una coppia di Amazzoni di Cuba per andare fino a Fidenza (PR) a visitare il suo allevamento. Rimasi colpito da come lo aveva concepito: aveva incuneato voliere di varie dimensioni in mezzo ad una vera e propria foresta che circonda la sua abitazione, come ben descritto nell'articolo che segue. Pubblico con grande piacere questo suo scritto poichè, oltre che condividere parola per parola le sue affermazioni, mi fornisce un forte contributo alla teoria che io stesso sto cercando di applicare in merito all'alimentazione naturale. Proprio attraverso la somministrazione di un menù a base di erbe e di sementi naturali ancora immature sto tentando di "pulire" i miei cardellini disintossicandoli dai troppi antibiotici che gli sono stati somministrati per difenderli dalla coccidiosi. Credo di essere a buon punto (oggi sono molto soddisfatto dei risultati che sto ottenendo) anche se mi mancano ancora alcuni passaggi critici, l'inverno, con un clima non favorevole e la carenza di sementi fresche ed i risultati della riproduzione dei soggetti nati e vissuti senza alcun trattamento farmacologico. Ora vi lascio alla lettura dell'interessante articolo di Luca che ringrazio per la sua disponibilità. |
FORAGING IN LIBERTA PER PAPPAGALLI Allevando e riproducendo pappagalli in cattività, ho sempre creduto nell’importanza di fornire ai nostri animali una dieta estremamente variegata composta in buona parte da cibi selvatici e vegetali spontanei, che possano imitare l’alimentazione naturale delle specie e mantenere impegnati gli esemplari nella consumazione, al fine di apportare nutrimenti difficilmente reperibili altrove e proporre con continuità nuovi stimoli psicologici. Tuttavia spesse volte l’allevatore si trova in difficoltà nel decidere quali vegetali raccogliere e somministrare, temendo sempre di introdurre in un ambiente limitato cibi potenzialmente tossici; inoltre ogni specie di pappagallo, in relazione alla propria dieta ancestrale e alla vegetazione caratteristica del biotopo di provenienza, tende a prediligere determinate fonti di cibo rispetto ad altre, ed è per questo necessario conoscere quali vegetali meglio si adattano alle esigenze di ogni Psittacide. Di certo il metodo più ovvio (ma anche meno scontato) per raccogliere simili informazioni, e al contempo poter documentare dal punto di vista |
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scientifico il comportamento delle specie allo
stato selvatico, consiste nel lasciare che ogni pappagallo possa
scegliere in modo del tutto incondizionato le fonti di cibo che
meglio si identificano con la sua dieta ancestrale. |
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Belford e celebre ornitologo inglese, riuscì a
riprodurre agli albori del ‘900 alcuni lorichetti – tra cui il Vini
peruviana e il Vini ultramarina – utilizzando questa tecnica; egli
apriva le porte delle voliere durante il giorno per poi serrarle a
sera, una volta che gli animali si erano ritirati per dormire e
nutrire i giovani, al fine di preservare nidi e genitori
dall’attacco di predatori. Nonostante ciò venisse praticato con successo e
con bassi tassi di incidenti, risulta evidente come la suddetta
modalità comporti rischi elevati, legati all’elevata permanenza
degli animali al di fuori dell’ambiente protetto dell’aviario: per i
fini di studio e osservazione che attualmente ci prefiggiamo, una
pratica regolare e prolungata nel tempo non risulta necessaria;
inoltre, la presenza di piccoli nel nido incrementa i fattori di
rischio: è senz’altro più oculato praticare il foraging in libertà
al di fuori del periodo riproduttivo, senza timore di interferire
con le attività di allevamento delle coppie. Personalmente ho praticato più di una volta il
foraging, adottando una modalità che mi assicura a mio avviso un
buon margine di sicurezza. La mia principale garanzia è rappresentata
dall’ottimo ambiente di cui dispongo per alloggiare i miei animali e
un’ampia conoscenza delle coppie a cui permetto di abbandonare le
voliere: l’allevamento è ubicato in un bosco particolarmente fitto e
ricco di cespugli e alberi ad alto fusto principalmente spontanei:
le voliere sono distribuite in questo ambiente, situate – o quasi
“incastrate” – tra un tronco e l’altro, e ogni alloggio è contornato
da intricata vegetazione; pioppi, querce, frassini e olmi coprono il
cielo sopra i tetti con le loro frasche - liberare i pappagalli a
cielo aperto li espone ad attacchi di rapaci e gazze - e il
perimetro dell’area è delimitato da una siepe di rovi, abbinata a
una recinzione con rete elettrosaldata di altezza variabile per
eludere l’ingresso di predatori terrestri. Oltre questa si estendono
prati aperti e senza alcun potenziale appoggio per volatili, il che
scoraggia ulteriormente gli animali dall’allontanarsi dal sito
d’allevamento e mi permette di mantenere un buon controllo su di
esso. Ovviamente procedo con l’individuare una coppia
adulta, molto affiatata, tranquilla e affidabile (in caso di
avvicinamento dell’allevatore, gli animali non devono mostrarsi
impauriti ma incuriositi), già ambientata da tempo e riprodotta in
una determinata voliera, con nido a disposizione anche se al di
fuori della stagione cove; mi accerto inoltre che nelle vicinanze
non siano presenti altre voliere di conspecifici o specie affini, i
cui ospiti potrebbero attirare e distrarre per lungo tempo l’animale
liberato in inutili litigi per ragioni di territorialità. Alla mattina di una giornata di bel tempo,
soleggiata e non ventosa, inserisco un membro della coppia (di norma
la femmina) in una gabbia di dimensioni ridotte (normalmente un cubo
da 40 cm di lato per specie di taglia piccolo-media) con sbarre
sufficientemente distanziate da permettere al maschio di imbeccare
la femmina attraverso di esse (VEDI TERZA FOTO) Quando il secondo membro della coppia (il maschio)
si sarà calmato e si dimostrerà tranquillo e curioso, comincio ad
allontanarmi per lasciare all’animale la possibilità di abbandonare
temporaneamente la compagna e uscire al di fuori della voliera: se
tutto procede correttamente, l’animale dovrà avanzare lentamente e
con fare incuriosito, passando poi ad esplorare l’ambiente
circostante, a stazionare nei pressi della voliera ad una ridotta
altezza dal suolo; una volta esplorato l’ambiente circostante (con
un raggio variabile dai 3 ai 10 metri a seconda della temerarietà
della specie) comincerà a nutrirsi e praticare foraging sulle specie
vegetali presenti nelle vicinanze. Molto presto (solitamente un tempo non superiore a
qualche ora), il soggetto ormai soddisfatto e attirato dai continui
richiami della femmina si avvicinerà alla propria voliera,
allontanandosi e facendovi ritorno più volte nel tentativo di
mantenere un continuo contatto visivo e uditivo con la compagna; in
breve tempo, si deciderà a rientrare nell’alloggio per imboccare il
partner: a tal punto, mi affretto a richiudere la porta e riunire la
coppia, considerando conclusa con successo l’esperienza di foraging.
In
tutta la procedura, il mio ruolo consisterà nel mantenermi appostato
nelle vicinanze, ben nascosto tra il fogliame, per monitorare la
situazione e annotare i comportamenti degli animali: è fondamentale
non interferire con i loro spostamenti e non palesarsi vicino a
loro, per evitare di indurli, spaventandoli, ad allontanarsi dalla
voliera più di quanto essi desiderino. Durante l’estate 2019 ho permesso di praticare
foraging in libertà a diverse specie presenti nel mio allevamento,
tra cui rosella di brown, pyrrhura hoffmanni, pyrrhura molinae,
brotogeris cyanoptera e caicchi testa nera, ripetendo diverse volte
l’esperimento con una stessa coppia: col susseguirsi dei tentativi,
gli esemplari hanno acquistato più fiducia col territorio,
assaggiando nuovi cibi e stazionando anche al suolo per nutrirsi con
erbe prative o ricercare qualche insetto tra la terra mossa. In tal
caso si è rivelato fondamentale la precedente pulizia delle aree più
prossime alle altre voliere, per evitare che gli animali liberati
cercassero di nutrirsi con gli scarti caduti dalle mangiatoie. I risultati ottenuti e le informazioni annotate
sono state innumerevoli e preziose: hanno riguardato sia le
abitudini delle specie, distinguendo gli animali con tendenze
arboricole da quelli più terricole, i comportamenti mantenuti allo
stato selvatico e le fonti di cibo predilette, le quali si sono
notevolmente differenziate tra le 5 specie summenzionate. |