IL GIUSTO PREZZO DI UN PAPPAGALLO

(interventi a fondo pagina)

Le reazioni di diversi allevatori alla mia comunicazione sui social che avrei ceduto due conuri del sole allevati allo stecco a 200 €. cadauno, sono state di contrarietà perché, a loro dire, il prezzo è troppo basso.

Ho replicato ponendo il seguente quesito:

“Ma è troppo poco in base a che cosa? Di solito il prezzo viene deciso dal punto di incontro fra la domanda e l’offerta. Se chiedo 200 e nessuno me lo richiede come fate a dire che è poco? Secondo voi, se lo metto a 300 ho più possibilità di cederlo?”

Al mio post sono state date diverse risposte, fra cui la seguente:

son discorsi complicati, ma vedo che se uno lo vuole veramente, spende sia 200 che 400. Quindi la mia politica è: c'è un minimo e un massimo dato da fattori tipo età e bellezza o altro. Ma sotto il minimo no. Piuttosto metto in voliera che prima o poi li chiedono comunque. Preferisco regalarli ad un amico piuttosto che "declassare" l'animale che magari è splendido o "rovinare il mercato" cioè abbassare di troppo la media dei prezzi perchè poi si instaura uno strano meccanismo a catena che porta al declassamento anche a chi li ha sempre ceduti a 300 per esempio

Prendo spunto da questo “punto di vista” poiché è abbastanza diffuso e mi permette di entrare direttamente nel merito della questione.

Intanto dobbiamo comprendere chi sono i protagonisti presenti sul nostro mercato e come si muovono le dinamiche per la formazione del prezzo per ognuno di loro.

Ho calcolato almeno cinque categorie di attori:

1)      I commercianti con regolare posizione fiscale;

2)      I commercianti “neri” (evasori, quelli senza posizione fiscale);

3)      Le uccellerie;

4)      Gli allevatori che allevano per soldi

5)      Gli allevatori che allevano per hobby.

Per quanto riguarda le categorie 4) e 5) ho preso in considerazione gli estremi, ovviamente fra le due c’è tutta la serie delle gradazioni.

Inoltre preciso che “Gli allevatori che allevano per soldi” esistono solo sulla carta e nella realtà poiché da quando frequento questo mondo non ho mai sentito nessuno ammettere di allevare per soldi!!

Per ognuno dei cinque gruppi la formazione del prezzo segue una dinamica diversa, per alcuni quasi matematica, per altri invece molto più empirica e soggettiva.

Per le categorie 1) e 3) il prezzo di vendita è costituito dalla somma dei seguenti costi: costo di acquisto maggiorato dai costi di gestione, dalle perdite per mortalità, dalle imposte e dal margine di guadagno o stipendio per il gestore. Tanto per fare un esempio ipotizziamo che il prezzo di vendita di un conuro del sole sia di 400 €, tale prezzo sarà composto dal costo uccello 150, costo gestione e mortalità 100, costo fiscale 80, margine 70.

Per la categoria 2) il prezzo di vendita potrà essere inferiore a quello delle categorie legali di almeno 80 €, per effetto dell’evasione fiscale.

La categoria 4), quella degli allevatori che allevano per soldi, o comunque che danno particolare importanza all’aspetto economico, tende a fissare un prezzo di vendita prendendo a riferimento quello praticato delle categorie commerciali, magari scontandolo di qualcosa per acquisire maggiore competitività.

Gli allevatori che come me, allevano per passione e che considerano l’arte di allevare un hobby, attribuiscono alla parte economica un aspetto assolutamente secondario e si accontentano di sottrarre al bilancio familiare la minore quantità possibile di denari.

I prezzi che propongono per i loro esemplari spesso e volentieri non tengono conto di quello del cosiddetto “mercato” ma delle proprie esigenze di allevamento.

Faccio un mio esempio per essere comprensibile: io possiedo una coppia di Parrocchetti di Port Lincoln (Barnardius zonarius zonarius) puri, ossia non meticciati come tanti, con i Barnardius zonarius semitorquatus, (con le piumine rosse sopra il becco) presi un paio di anni fa da Dario Loreti.

Ogni anno riproducono puntualmente quattro novelli: ne tengo ancora due maschi del 2016 nel volierone, 4 maschi del 2017 in una voliera e la femmina ha già deposto pochi giorni orsono 5 uova (feconde).

Sono eccellenti riproduttori e a mio parere, sono fra i più bei pappagalli in assoluto: oltre alla bellissima livrea, non fanno rumore (hanno un canto sottile e melodioso), sono di una eleganza unica (nel volo ed anche a camminare) e non sono per nulla litigiosi nei confronti delle altre specie.

Il Port Lincoln è’ un pappagallo che per essere apprezzato ha bisogno di grandi spazi, di voliere ampie, nelle quali possa distendere le ali, inoltre ha il difetto di riprodurre tanti maschi e poche femmine. Per queste ragioni è valorizzato pochissimo a livello commerciale.

Ora vi descrivo il ragionamento che faccio in qualità di allevatore che gode nel vedere nascere e crescere una nuova covata di pulli: i due “maschi del volierone” non li cedo neppure per 1.000 euro cadauno, ci sono affezionato, anche perché ci “fischiettiamo a vicenda ogni volta che mi avvicino alla voliera”, mentre devo assolutamente liberare la voliera dove alloggiano i 4 maschi del 2016 per fare posto a quelli che nasceranno fra qualche giorno.

Di conseguenza li cedo a prezzo zero ad allevatori (possibilmente della 5° categoria) che mi diano fiducia in quanto al loro benessere.

Qualcuno potrebbe pensare che il mio comportamento è assistito dalle mie finanze, paragonabili a quelle di Paperon de Paperoni, e invece non è così.

Cerco per quanto possibile di mantenere separati i due bilanci: quello familiare da quello ornitologico e per fare quadrare i conti, in questo periodo di forte crisi, ho adottato i provvedimenti del caso, naturalmente in base alle condizioni ambientali e dei miei gusti.

Prima di tutto ho dimezzato i riproduttori di piccola taglia, ho limitato il numero delle cove (una, per qualcuno due) e non immetterò in allevamento nuovi esemplari.

Avevo già predisposto gli spazi per una coppia di Ara, ma l’idea di investire qualche migliaio di euro per poi trovarmi il capitale dimezzato dopo pochi giorni e la difficoltà di cedere gli eventuali novelli, mi ha fatto desistere in attesa di tempi migliori.

Spero di essere riuscito a descrivere un po’ l’ambiente nel quale, noi infettati dal virus della piuma, ci dibattiamo per sopravvivere il più a lungo possibile ed in particolare volevo dimostrare che nel nostro settore non esistono le condizioni per parlare di “prezzo di mercato”.

Sinceramente quando leggo sui social qualcuno condannare un collega perché propone prezzi bassi e quindi “rompe il mercato”, mi viene l’orticaria.

Non c’è nessun cartello da rispettare e non credo che io debba tenermi in casa quattro Port Lincoln maschi per una vita perché  il commerciante della categoria 2) oppure l’allevatore della categoria 4)  possa vendere i suoi al prezzo più alto possibile.

Io penso che nel nostro settore, che è basato sull’allevamento amatoriale e non industriale, ognuno possa cedere i propri soggetti al prezzo che gli pare e che nessuno abbia il diritto di contestarlo!!

Io la vedo in questo modo, ma siccome so che altri la pensano in maniera diversa li invito ad inviarmi un loro intervento che pubblicherò qui di seguito.

Credo che l’argomento sia davvero interessante!! Grazie 1000

(05.03.2018)  Ricevo da Giovanni, che ringrazio, questa riflessione:

Ciao Daniele,

ho letto con molto interesse il tuo intervento inerente i prezzi dei pappagalli e l'ho trovato adeguato e coerente coi tempi.

Personalmente la penso esattamente come te.

Sai che io allevo una delle specie più costose se paragoniamo costi e pesi e l'acquisto di riproduttori esteri che permettano un buon salto di
qualità non vengono mai ceduti sotto il migliaio di eurini.

Molti mi redarguiscono perchè spendo il mio denaro all'estero piuttosto che in Italia:

PUNTO PRIMO: Il nuovo standard detto a buffalo è presente maggiormente in Europa piuttosto che nel nostro Paese

PUNTO SECONDO: In virtù di un numero maggiore di soggetti pregiati è più facile entrare in possesso di animali che possiedono e che trasmettono certe caratteristiche

PUNTO TERZO: Negli anni ho avuto più soddisfazioni da soggetti acquistati all'estero che da soggetti italiani sia a livello riproduttivo che a livello qualitativo

PUNTO QUARTO: Per soggetti di pregio e di una certa caratura il costo Europa/Italia si equivale, mentre non è lo stesso a livello genetico

PUNTO QUINTO: Potrò spendere il mio denaro dove più mi pare?

Detto questo posso affermare che da sempre ho fatto mia una frase del grande Harry Bryan: IL COSTO DI UN ONDULATO DOVREBBE ESSERE QUELLO DI DUE SACCHI DI UN BUON MISCUGLIO DI SEMI

Ora... io uso il misto semi della Versele varietà Endress e un sacco da 20 Kg costa sui 30 euro; ergo non ho mai chiesto più di 60 euro per un
soggetto.

Nel mio piccolo allevamento innanzi tutto scelgo per me, poi dopo la mia scelta metto da parte qualche soggetto valido per una eventuale
cessione... il resto va al commerciante.

Tenendo conto che sotto i 7/8 mesi non li cedo nemmeno al commerciante, i soggetti singolarmente mi mangiano sui 40 euro a margine degli 8 euro che mi da l'uccellaio e già qua ci rimetto un tot.

Quelli da cedere agli allevatori spesso mi rimangono in casa fino e oltre i 12 mesi e questo aumenta i costi di mantenimento facendo in modo
che al momento della cessione nelle mie tasche entrino a malapena le spese.

Se non è allevare per hobby questo?

Salutoni Gio

(06.03.2018) Ricevo da Orazio Curci un intervento molto interessante:

Buongiorno Daniele,

ho letto con vivo interesse il tuo post sul blog e seguito anche la discussione che ne è seguita su Facebook relativa al prezzo che dovrebbe avere oggi uno Psittaciforme.

Premetto che allevo per hobby e non ho mai guardato la questione commerciale accomunandolo solo al piacere che ne ricavo e alle soddisfazioni ricevute. In pratica lo accomuno all’altro mio hobby, la pesca, dove se vedo la spesa per attrezzature, esche, benzina etc. ci mangerei ad ogni uscita pesce in un ristorante non dico di lusso ma di buon livello. Allevo Agapornis fischeri dal 1997 e dopo 20 anni mi sento in grado di poter esprimere alcuni pensieri a riguardo l’argomento interessante che hai aperto.

Innanzitutto un salto nel passato: ricordo me bambino (e parliamo di oltre 50 anni fa) che guardavo i balconi delle case della mia città e almeno sulla metà vedevo la classica gabbietta con la coppietta di canarini (magari pezzati) o di ondulati. In pratica erano gli animali da compagnia per eccellenza, molto più dei cani e dei gatti, e quasi tutti ne avevano per il piacere del canto o per la bellezza dei colori. Oggi quei balconi sono deserti, in molti non ci sono neanche le piante ornamentali sostituite talvolta da piante grasse che non obbligano ad innaffiarle e curarle. Nessuno si sognerebbe di starsene seduto una mezzoretta a guardarsi la sua coppietta e conoscerla in fondo. È il cambiamento dettato dai nostri tempi, dai diversi interessi di vita e dai tempi frenetici che questo cambiamento impone. Quello che per parecchi sembrerebbe una presa di coscienza (gli uccelli devono vivere liberi) in realtà è un allontanamento dal vivere la Natura attraverso le sue espressioni. Non perdiamo tempo ad ascoltare il canto di un canarino ma passiamo ore davanti al televisore ed incollati al display del cellulare, in questo abbiamo peccato non essendo riusciti a trasferire alle nuove generazioni che quei piaceri che procura il nostro hobby.

Ma ritorniamo a bomba sull’argomento principale: quanto deve costare un pappagallo? Innanzitutto si lega economicamente alla classica formuletta della domanda e dell’offerta. La situazione attuale è la seguente: tanta offerta poca domanda. In economia ciò provoca un fisiologico calo dei prezzi sia che si tratti di merci (stoccaggio, deterioramento) che di animali. Le eccedenze costano in termini di mantenimento, attrezzature e cure ed inoltre un allevamento intasato è molto meno “produttivo” di un allevamento con il giusto numero di presenze.

La storia degli Agapornis ha seguito questa via: quasi sconosciuti negli anni 90 hanno avuto un boom verso la loro fine e direi fino al 2007 affascinando per i colori e per le nuove mutazioni. Ricordo le valutazioni stratosferiche dei primi roseicollis opalini e fattore importante queste rimanevano quasi immutate per anni. Oserei definire questo periodo l’Eldorado della quarta categoria (“allevatori” che allevano per soldi) da te descritta perché in quel periodo c’è chi i soldi li ha fatti sul serio non avendo alcun interesse di selezione o di hobby. Gli Agapornis in generale si cedevano facilmente e difficilmente rimanevano entro l’anno eccedenze al di fuori di quelli che interessavano a chi allevava per hobby (che diciamo andavano in pareggio) per la selezione. Inoltre, fattore non trascurabile, vista la mancanza di dimorfismo sessuale si è iniziato a far sessare gli uccelli ed è cresciuta la possibilità di cedere coppie certe (se penso che con il tastaggio ci ho messo 2 anni per farmi la prima coppia) e già acclimatate da generazioni di nascita in cattività e che non presentavano nessun problema di riproduzione. Questo ha portato in breve ad un affollamento del mercato, alimentato per lo più da chi possedeva una coppietta per piacere che cedeva i propri novelli per un Kg di mangime alle uccellerie. Le uccellerie: questa è una altra nota dolente, oggi almeno a Roma non esistono più sostituite da negozi che vendono alimenti per cani e gatti, che difficilmente accettano Agapornis per via del loro carattere litigioso e della scarsa vendita. Inoltre il mercato è stato invaso da inseparabili a basso costo provenienti, prima del blocco per via dell’aviaria dal Sud est asiatico ed attualmente con l’apertura delle frontiere UE dai Paesi dell’Est (stranamente prima non si avevano notizie di allevamenti di pappagalli), costo dettato dalle diverse condizioni economiche e dalle scarse cure destinate. Poi il pappagallo ha visto una trasformazione: animale da compagnia e non più d’allevamento, tutti alla ricerca del pappagallo che parla e gioca, animali destinati ad una vita senza riproduzione per il solo piacere egoistico sempre insito nell’animo umano. E d’improvviso tutti gli appartenenti alla quarta categoria tolgono gli Agapornis e si buttano sul nuovo filone d’oro, il Cenerino in primis è la gallina dalle uova d’oro ma il fenomeno investe tutti i medi e i grandi pappagalli. Sembra andare tutto bene finché non si scopre che alcune Specie sono difficili da gestire, fanno rumore, sono di peso quando si deve fare la settimana bianca o al mare e questo è troppo per la volubilità dell’animo umano. Inoltre anche in questo caso, come nel mondo dei cani, arrivano valanghe di animali a basso costo dagli stessi Paesi che producevano Agapornis. 

Analizziamo le 5 categorie da te esposte e l’attuale stato dell’arte: 

1) I commercianti con regolare posizione fiscale: alla fin fine sono i più corretti facendolo principalmente come lavoro e pagandoci le tasse anche se difficilmente compreranno eccedenze avendo dei canali di rifornimento più remunerativi all’Estero e dagli allevamenti caduti in “disgrazia”; 

2) I commercianti “neri” (evasori, quelli senza posizione fiscale): la peggiore risma di gente che può annoverare il nostro mondo, il cui unico scopo è il guadagno extra e che oltre ad evadere non stanno tanto a guardare per il sottile le condizioni e la qualità di ciò che comprano l’importante è ricavarci il più possibile; 

3)  Le uccellerie: come esponevo sopra non esistono quasi più o si sono riconvertite ed al limite prendono un pullo da imbeccare perché prenotato; 

4)  Gli allevatori che allevano per soldi: annovererei anche loro nel peggiore girone infernale come la seconda categoria, li riconosci perché ogni 3/4 anni riconvertono completamente l’allevamento passando da una Specie all’altra come un tris di primi, per loro oggi la miniera è l’Agapornis fischeri con l’apparizione di nuove mutazioni anche se ormai i tempi di guadagno si sono notevolmente accorciati (una coppia di portatore per opalino di fischer 5 anni fa costava 2.000 euro, 2 anni fa 1.300 oggi 750, e altri come lo yellow face hanno visto dimezzare il prezzo in 2 anni; 

5)   Gli allevatori che allevano per hobby: per dirla alla Totò i tartassati, loro lo fanno per passione e se veramente interessati con scopi selettivi ed espositivi. Ciò comporta, come diceva giustamente Giovanni, spese per l’acquisto di migliori riproduttori, assicurarne il mantenimento è per tutta la loro vita e dei migliori, la necessità vuoi per gioia, vuoi per maggiore scelta di creare un minimo di quantità. E sono loro che subiscono la famosa legge di mercato per i motivi esposti e la situazione è tutt’altro che rosea. A fronte della innumerevole offerta sia interna che estera si vedono offrire cifre, quando trovano disponibilità al ritiro, che rasentano il ridicolo: roseicollis 7 euro, fischer 10 euro e la vendita a privati è quasi inesistente ed in ogni caso legata a: ma al negozio costano meno.  

Poi il fattore mode fa compiere a delle Specie fughe in avanti ma che rientrano in paio d’anni oggi è difficile programmare, se si vogliono far soldi, cosa “allevare”. 

In definitiva, con un mercato così instabile è difficile stabilire un listino prezzi come si faceva una volta e livellarsi su quello ma è legato alla disponibilità di spazi, economica nel mantenimento e agli umori del mercato stesso. 

Curci Orazio

(07.03.2018) Ricevo da Mauro Ferretti, che ringrazio:

Ciao Daniele, 

vorrei ringraziarti per l'interessante argomento “IL GIUSTO PREZZO DI UN PAPPAGALLO”

Ho letto con piacere l’intervento che condivido pienamente, visto che da quasi 20 anni allevo inseparabili su di un grande poggiolo in un condominio in una frazione di Riva del Garda. (TN)

Al massimo 30 soggetti  (4 coppie Nigrigenis, 1 Taranta 3 Personatus con relativi giovani che variano ogni anno ) e li sono rimasto, da molto tempo. 

Cedo quasi tutti i pochi soggetti che riproduco e non faccio covare tutte le coppie perché non avrei spazio, quindi ogni tanto faccio saltare la cova a qualche coppia. 

I miei soggetti li cedo con annunci su internet e conoscenze dirette, considerato che sono l'unico della zona ad avere questi tipi di inseparabili.

Per chi alleva per hobby, ultimamente ci vuole molta pazienza perché sono in pochi a chiedere uccelli da gabbia, invece se volessi allevare per lucro basterebbe allevare allo stecco, infatti in molti mi hanno richiesto soggetti simili. Io rispondo che strappare un piccolo dai suoi genitori a 15gg non e' naturale e che fa male al povero uccello.

Ultimamente più di una volta  ho ceduto dei soggetti a persone non di origine italiana, persone che lavorano nella zona a prezzi onesti, molto di sotto del valore che potrebbero venderlo uno dei famosi allevatori pluripremiati e di CATEGORIA 4.

Allevo per hobby e per piacere personale perciò mi autoinserisco nella CATEGORIA 5.

CONDIVIDO PIENAMENTE questa affermazione: “Io penso che nel nostro settore, che è basato sull’allevamento amatoriale e non industriale, ognuno possa cedere i propri soggetti al prezzo che gli pare e che nessuno abbia il diritto di contestarlo!!”. INFATTI NON C'E NESSUN CARTELLO DA RISPETTARE.

Saluti

Mauro Ferretti